Continent méditerranéen

Quando l’agricoltura cresce al di fuori dei solchi

Come continuare a coltivare quando le risorse si esauriscono, quando la terra manca o quando l'elettricità diventa un lusso? Di fronte a queste sfide, iniziative locali ripensano radicalmente il nostro rapporto con l'agricoltura. Meno dipendenza dalle energie fossili, più autonomia, una migliore resilienza: il futuro della produzione si reinventa, ai margini dei circuiti dominanti.

Questo articolo, sull'agricoltura, è un riassunto di 3 articoli pubblicati in 22-med, da ritrovare nelle 11 lingue utilizzate sul sito. Seguirà un secondo capitolo dedicato alla gestione delle risorse nell'agricoltura di fronte ai cambiamenti climatici

L'agricoltura idroponica verdeggia i tetti dei campi: di Monjed Jadou

I pannelli solari potenziano l'agricoltura sostenibile: di Rajmonda Basha

Il Marocco, futuro leader mondiale del cannabis medico?: di Adèle Arusi

L'agricoltura non è più solo una questione di campi e trattori. Diventa un terreno di sperimentazione per rispondere alle sfide sociali, economiche e climatiche del presente. Non sono sempre le grandi aziende agricole né le istituzioni a mostrare la via, ma attori sul campo – spesso invisibili, talvolta marginalizzati – che trovano soluzioni dove tutto sembra bloccato. Panoramica di pratiche che ridanno significato alla parola "coltivare".

Torri di lattuga e pesci sotto i pomodori

Nei vicoli stretti dei campi palestinesi, l'orizzonte si riduce a facciate di cemento e a un cielo spesso invisibile. Eppure, è lì, a pochi metri sopra il suolo, che rinasce una speranza: quella di coltivare senza terra, ma con convinzione. Shatha Alazzah, attivista e agricoltrice urbana, ha trasformato i tetti in un nuovo campo di battaglia ecologico e sociale. A Beit Jibrin, Aida o Al-Azza, le sue serre sospese offrono alle donne i mezzi per agire, produrre, vendere. E soprattutto trasmettere.

In uno spazio saturo, dove ogni metro quadrato è conteso, l'agricoltura idroponica si è imposta come un'evidenza. Consuma poca acqua, produce più delle metodologie classiche e si adatta perfettamente alla verticalità. Su 45 m² di tetto, venti torri di coltivazione ospitano lattuga, basilico e prezzemolo. Sensori monitorano continuamente temperatura, pH e nutrienti. In contenitori più profondi, cavoli e pomodori prosperano nell'acqua.

Ancora meglio: la cooperativa Riyhana, fondata da Shatha, combina acquaponica e lombricompostaggio. I rifiuti di pesce diventano fertilizzante, i vermi trasformano il letame in compost biologico. Risultato: un ciclo quasi chiuso, sostenibile e resiliente. «È anche un modo per trasmettere alle donne competenze agricole, rafforzare la loro autonomia e utilizzare terre fino ad ora poco sfruttate», spiega.

Il sole per illuminare i campi

A mille chilometri da lì, un'altra forma di innovazione sta crescendo nelle campagne albanesi. In un paese dove più di un terzo della popolazione lavora la terra, i costi dell'energia frenano ogni modernizzazione. Il programma «Itinerari verdi», sostenuto dall'Unione Europea e dalla Francia, installa pannelli solari nelle aziende agricole rurali. Meno spese, più rendimento e un'indipendenza energetica benvenuta in una rete elettrica capricciosa.

L'ambasciatrice di Francia Catherine Suard, il prefetto del distretto di Korça, Nertil Jole, insieme a esperti e rappresentanti dell'agricoltura della regione, al Centro di trasferimento di tecnologie agricole di Korça©Ministry of Agriculture and Rural Development

A Libohovë, le installazioni permettono già di raffreddare il latte raccolto, alimentare le serre e far funzionare i sistemi di irrigazione. A Korçë, le unità di biogas domestico trasformano i rifiuti animali in energia, una soluzione a basso costo per le piccole fattorie. E nei pascoli, gli ovini brucano sotto i pannelli fotovoltaici: regolano la temperatura e riducono i bisogni di irrigazione, proteggendosi nel contempo dal sole.

Un approccio integrato, promosso da formazioni tecniche nelle scuole e università, che fa evolvere le pratiche a lungo termine. «Si tratta di piccoli investimenti, ma cambiano profondamente la vita degli agricoltori», riassume Vigan Dervishi, del programma. Halim, agricoltore a Fier, conferma: «Con i pannelli, la nostra produzione è aumentata. E anche i nostri vicini si stanno attrezzando».

La manna del cannabis terapeutico

Nel Rif marocchino, un altro paesaggio, un'altra battaglia. A lungo associata alla clandestinità, la coltivazione del cannabis si apre ora a sbocchi legali. Dal 2021, la produzione per uso medico e industriale è autorizzata. Nel 2023, quasi 300 tonnellate di canapa sono state raccolte nel quadro legale. Una prima, che sconvolge l'economia locale.

Sulle alture, le cooperative si moltiplicano. Alcune famiglie investono in studi agricoli, tornano a modernizzare le aziende. Lo Stato promette una parte più equa dei redditi ai coltivatori legali – tre volte di più rispetto a prima. E la «beldi», la varietà endemica, meno assetata e meno carica di THC, torna al centro dei programmi di ricerca. Obiettivo: fare del Marocco un attore principale del cannabis terapeutico.

Il progetto Takwine forma medici e farmacisti all'uso medico della pianta. L'ambizione è chiara: strutturare un mercato sicuro, regolato, rispettoso delle specificità locali. Ma l'equilibrio rimane fragile: se la filiera legale si organizza, l'uso ricreativo avanza anch'esso. Due mondi che, per ora, coesistono.

Tre laboratori a cielo aperto

Idroponia palestinese, solare albanese, cannabis marocchino: ognuno di questi esempi mostra una stessa volontà di riprendere in mano il vivente. Di fronte alle carenze, alla precarietà, alla marginalizzazione, si tratta meno di innovare che di reinventare. Partendo dal terreno, facendo leva sulle donne, sulle risorse locali, su saperi antichi riattivati.

La legalizzazione del cannabis apre un campo di possibilità per gli agricoltori delle montagne del Rif© ANRAC

Foto di copertura: le piante crescono in tubi all'interno di una serra installata in un campo di rifugiati palestinesi © Monjed Jadou