Italia

La Puglia in prima linea contro la peste degli ulivi

Nell'estremo sud dell'Italia, la Puglia è nota per la sua magnifica costa, la bellezza dei paesaggi e un straordinario patrimonio storico, culturale e gastronomico. Ma la regione potrebbe presto diventare famosa anche per aver trovato strategie efficaci nella lotta contro un batterio che minaccia tutto il Mediterraneo:  xylella fastidiosa, la “peste degli ulivi”. 

Se l'Italia è uno dei principali produttori di olio d'oliva dell'Unione Europea, è in gran parte grazie alla Puglia, con i suoi 60 milioni di ulivi. Da anni, però, questa regione è alle prese con la diffusione di un invisibile ma irriducibile nemico dell'olivo: la xylella fastidiosa. Giovanni Melcarne, titolare dell'azienda agricola Forestaforte, nella provincia di Lecce (sud della Puglia), specializzata nella produzione di olio d'oliva extra vergine di alta qualità, ricorda persino il giorno esatto in cui tutto è cominciato. « Era il 15 ottobre 2013 quando arrivò la comunicazione ufficiale che confermava la presenza di xylella fastidiosa sugli ulivi in Puglia ». Da allora, questo batterio ha spazzato via più di 21 milioni di ulivi. Tra questi, molti degli alberi conosciuti semplicemente come “i secolari”, di centinaia, a volte anche migliaia di anni, con tronchi che possono raggiungere dieci metri di circonferenza. 

La “peste degli ulivi”

Passeggiare tra alberi così antichi è un'esperienza unica. Tra i luoghi più apprezzati dagli abitanti della regione e dai turisti, infatti, c'è la famosa Piana degli ulivi monumentali: un'area di campagna tra le città di Bari e Brindisi, con un'altissima concentrazione di ulivi secolari. Quindi non è difficile immaginare lo sgomento di fronte allo spettacolo lasciato dal passaggio di xylella fastidiosa, che ha causato la perdita di oltre un terzo degli alberi di questo luogo emblematico. Il batterio ha colpito del resto aree molto più vaste, provocando quello che è stato descritto come un “disastro ecologico”: campi interi devastati e grandi ulivi senza chioma, con i rami spogli, morti. Un colpo durissimo, sia per i paesaggi della Puglia che per le aziende agricole che si sono ritrovate con i terreni contaminati dal batterio, un drastico calo della produzione e le perdite economiche che ne derivano. Difficoltà che persistono, aggravate da condizioni climatiche poco favorevoli. E che si ripercuotono sull'industria olearia di tutta Italia, ormai scesa al quinto posto tra i paesi produttori di olio d'oliva. 

La ricerca di soluzioni

Trasportata da un insetto grande appena pochi millimetri, il philaenus spumarius, il batterio xylella fastidiosa attacca gli ulivi riproducendosi fino a ostruire il sistema conduttore della linfa grezza, i vasi attraverso i quali passano anche l'acqua e i sali minerali. E così provoca il disseccamento prima delle foglie, poi dei rami, e infine di tutta la pianta, che muore, talvolta in meno di un anno. Secondo Save the Olives, una ONG di volontari che riunisce agronomi, agricoltori, ricercatori, studenti e imprenditori, impegnata da anni nel sostegno a progetti di ricerca e azioni di contrasto alla diffusione del batterio, la piaga avanza alla velocità di 2 chilometri al mese. E 145.000 chilometri quadrati di terreni in Puglia sono a rischio di desertificazione. Inoltre, non esistono trattamenti o rimedi comprovati.

Sebbene lo scenario sia sconfortante, molte persone, tra cui Giovanni Melcarne, hanno però rifiutato di rassegnarsi, sin dall'inizio della crisi e hanno cercato armi per contrastare il batterio. Partecipando, ad esempio, a progetti di miglioramento genetico per trovare delle cultivar resistenti. « Collaboro con il CNR di Bari in un piano di miglioramento genetico dell'olivo da sei anni e abbiamo progressivamente aumentato il numero di incroci che facciamo in un anno. Abbiamo strutture ad hoc, come una camera climatica, e un campo con 400 varietà dove facciamo test sulla resistenza alla combinazione di xylella e stress idrico. Anche parte del mio oliveto è destinata a questi esperimenti ».

Osserva poi che si stanno cercando anche varietà che siano resistenti alla combinazione di xylella fastidiosa e stress idrico. Il cambiamento climatico, infatti, rende l'acqua sempre più scarsa. « Le temperature sono molto più elevate e quindi il consumo d'acqua tende ad aumentare. Sono convinto che in futuro dovremo produrre olio da oliveti in aridocoltura, sia per motivi di costi che per la mancanza d'acqua. Ecco la ragione di questi test combinati ».

Una nuova speranza

Il lavoro di centri di ricerca d'eccellenza, come il CNR e l'Università di Bari, in collaborazione con imprese ad alta intensità di innovazione e aziende agricole come quella di Melcarne, ha prodotto risultati che hanno infuso una nuova speranza negli olivicoltori della regione. Il processo per dichiarare resistente una varietà è complesso e richiede tempo: i test di laboratorio non sono sempre sufficienti per valutare il comportamento di un cultivar*, le piante devono passare attraverso un ciclo completo in pieno campo, esposte alle condizioni naturali, per dimostrare veramente la loro resistenza. Tuttavia, sono già state trovate e sviluppate quattro varietà resistenti, o almeno tolleranti, a xylella fastidiosa. Migliaia di giovani piante di queste varietà sono quindi state piantate nei campi, al posto di ulivi che erano stati estirpati per fermare l'avanzata della malattia. E nella Piana degli ulivi millenari, si cerca di salvare i grandi alberi puntando sulla “convivenza” con il batterio attraverso l'innesto con varietà resistenti.

Ulivi resistenti, per tutto il Mediterraneo

Il nome della Puglia è stato spesso associato a quello della peste degli ulivi negli ultimi anni. I media internazionali hanno raccontato anch'essi la diffusione del batterio negli uliveti italiani. Ma Melcarne spera che presto la sua terra sarà conosciuta come « la madre di tanti cultivar straordinari, capaci di resistere alle minacce di oggi ».

Inoltre, i risultati della ricerca e della collaborazione tra il settore pubblico e privato nella lotta contro la xylella fastidiosa non giovano solo alla regione della Puglia. Il batterio è stato individuato anche in Spagna, il maggior produttore di olio d'oliva al mondo, e ricerche come quelle dell'Università di Bari portano speranza. Sviluppando varietà come la "lecciana", adatta all’olivicoltura superintensiva, e resistente al batterio e alla siccità, i ricercatori e gli olivicoltori italiani stanno contribuendo attivamente alla difesa di una coltura fondamentale per i paesi mediterranei.

* Tipo di pianta risultante da una selezione, mutazione o ibridazione (naturale o indotta) e coltivata per le sue qualità agronomiche. (fonte Larousse)
Nuove varietà più resistenti, come la "lecciana", ridanno speranza agli olivicoltori © DR

Foto di copertina: anche i "secolari" sono minacciati © Achim Ruhnau - Pixabay