Continent méditerranéen

Lieux saints partagés : Istanbul, Büyükada, Djerba, i ponti del sacro

Dalla ricerca accademica al campo, 22-med dà voce a coloro che sanno coniugare sapere e sguardo sensibile. Questo articolo incrocia le indagini di Dionigi Albera e di Manoël Pénicaud, antropologi del CNRS, su tre siti del Mediterraneo aperti a più religioni. E traccia una mappatura vivente di santuari dove si mescolano preghiere, gesti e racconti al di là delle frontiere confessionali.

Istanbul, una chiesa esempio di ospitalità condivisa : Dionigi Albera – Turchia

Musulmane al Monastero di San Giorgio, o il desiderio votivo : Manoël Pénicaud - Turchia

La ghriba a Djerba, un pellegrinaggio giudeo-musulmano, fragile e persistente : Dionigi Albera – Tunisia

Dionigi Albera, direttore di ricerca onorario al CNRS e iniziatore del programma I luoghi santi condivisi, e Manoël Pénicaud, antropologo al CNRS e membro del Centro Jacques Berque a Rabat, documentano da anni questi ponti tra mondi religiosi. A partire da tre dei loro testi pubblicati su 22-med - da ritrovare nelle 11 lingue utilizzate sul sito - si delinea un medesimo paesaggio: quello di un Mediterraneo dove si varcano le soglie dell'Altro per chiedere grazia, protezione o miracolo.

A Istanbul, a Büyükada, a Djerba, chiese, monasteri e sinagoghe raccolgono folle dove le confessioni si mescolano. Questi luoghi santi condivisi, lontani dall'essere semplici curiosità, interrogano la coesistenza spirituale in un mondo dove i contrasti religiosi sembrano spesso irriducibili.

Istanbul: San Antonio, una porta aperta sulla diversità

Nel cuore di Beyoğlu, sulla vivace via İstiklal, la chiesa di San Antonio di Padova si erge come un rifugio inaspettato. In questo quartiere a lungo cosmopolita, dove si parlava più volentieri francese che turco fino agli anni '30, l'edificio neogotico gestito dai Francescani conventuali rimane aperto tutti i giorni, dalle 9:00 alle 20:00. Una peculiarità: molte chiese cristiane della zona aprono solo sporadicamente.

Superato il portale, il cortile pavimentato conduce all'interno inondato di luce filtrata dalle vetrate. L'odore di cera e incenso, il silenzio rispettoso, le statue e gli ex-voto creano un'atmosfera propizia alla contemplazione. Cattolici, musulmani, turisti europei o giapponesi, famiglie turche venute a passeggiare: tutti coesistono. Alcuni accendono una candela, altri leggono la preghiera affissa a San Antonio, altri ancora si prendono il tempo per osservare le vetrate o fotografare un dettaglio architettonico.

I gesti si incrociano: cattolici assistono alla messa, musulmani si siedono nelle navate, donne girano intorno alla chiesa o si aspergono con l'acqua benedetta. A volte, un Corano viene letto discretamente tra due salmi. Questa pluralità di pratiche non traduce una volontà di conversione ma l'appropriazione condivisa di uno spazio portatore di risorse simboliche. Figura cattolica per eccellenza, San Antonio attira ben oltre le frontiere: a Sarajevo o a Laç, in Albania, il suo nome raccoglie anche folle dove i cristiani sono minoritari.

Büyükada: figli di colori e voti silenziosi

Ogni 23 aprile, il monastero ortodosso di Aya Yorgi, situato sull'isola di Büyükada, vede affluire fino a 70.000 pellegrini. La maggior parte sono musulmane venute a srotolare un filo colorato lungo il cammino, in silenzio, mentre formulano interiormente il loro voto. Questo rituale singolare tappezza poco a poco la salita di migliaia di fili intrecciati, punteggiati di amuleti contro il malocchio, di immagini pieuse o di piccoli oggetti portatori di promesse.

I pellegrini depositano voti (dilek) un po' ovunque intorno al monastero di San Giorgio © Manoël Pénicaud

Il pellegrinaggio è anche una passeggiata sensoriale: le carrozze sostituiscono le automobili, l'aria salina si mescola ai profumi di pino, i negozi vendono candele, rosari musulmani e cristiani, bandiere con l'effigie di San Giorgio o di Fatima. Nella chiesa, lo spazio si riempie di preghiere silenziose, di gesti mimati da un rito all'altro: mani aperte verso il cielo, baci sull'icona, candele accese. A volte, è difficile distinguere chi è cristiano o musulmano: ognuno prende in prestito i gesti dell'altro, nella speranza di essere esaudito.

I monaci greci, sopraffatti, accolgono quel giorno una folla la cui fervore trascende le identità. All'uscita, si condividono pezzi di zucchero in segno di ringraziamento per un voto realizzato; alcuni li depositano a terra formando simboli: casa, culla, automobile. Il sito diventa un affresco vivente di desideri e attese, tra fede intima e creatività popolare.

Djerba: La Ghriba, ultima simbiosi giudeo-musulmana

In Tunisia, la sinagoga di La Ghriba è l'unico santuario dove persiste un pellegrinaggio frequentato sia da ebrei che da musulmani, eredità di una vasta rete di culti giudeo-musulmani un tempo presente in tutto il Nord Africa. Associata a una santa misteriosa — forse ebrea, forse musulmana —, La Ghriba attira fin dal XIX secolo pellegrini provenienti dal sud tunisino, dalla Libia, dal Marocco, dall'Egitto o dalla Grecia.

La leggenda racconta che una giovane donna straniera vivesse qui, sola, in una capanna di rami. La sua morte, il suo corpo intatto ritrovato dopo un incendio, furono percepiti come un segno: si eresse la sinagoga in questo luogo. Questo racconto dall'identità sfocata riflette il carattere aperto del luogo. All'inizio del XX secolo, un erudito paragonava già La Ghriba a « una sorta di Lourdes ebraica, non senza i suoi fedeli musulmani ».

Ma questa apertura ha resistito a molteplici scosse: sparatoria del 1985, attentato di Al-Qaida nel 2002, minacce post-2011, attacco mortale nel 2023. Ogni volta, il pellegrinaggio è ripreso, talvolta sotto alta sorveglianza poliziesca. Nel maggio 2024, per la prima volta, la festa è stata annullata, mantenendo solo i riti all'interno della sinagoga, a causa della guerra a Gaza. La domanda sorge: questa simbiosi pluricentenaria potrà ancora avere luogo nel futuro?

Ponti fragili ma viventi

Questi luoghi hanno in comune un ancoraggio storico profondo, spesso ereditato da un contesto politico e sociale scomparso. Sono anche, nella loro diversità, laboratori viventi di interazioni interreligiose: si prendono in prestito gesti, si condividono spazi, ci si incrocia senza cancellare le differenze.

Nel Mediterraneo contemporaneo, dove le tensioni identitarie si cristallizzano rapidamente attorno al religioso, questi santuari offrono un controcanto concreto: la prova che un luogo sacro può appartenere a più di uno. Un'idea fragile, ma che persiste, portata da donne e uomini convinti che l'efficacia di un voto o di una preghiera non ha confini.

Festa di Lag Ba’Omer alla Ghriba © Manoel Pénicaud

Foto di copertura: Nella chiesa, le persone possono passeggiare e scoprire la diversità religiosa© Dionigi Albera

Indicizzazione: Biblioteca dei saperi mediterranei
Lieux saints partagés: Istanbul, Büyükada, Djerba, i ponti del sacro
Dionigi Albera – Manoël Pénicaud
22-med
20 agosto 2025
• A Istanbul, la chiesa di San Antonio di Padova accoglie ogni giorno cattolici, musulmani e visitatori curiosi in uno spazio di preghiera e contemplazione.
• Sull'isola turca di Büyükada, il pellegrinaggio del 23 aprile verso il monastero ortodosso di Aya Yorgi attira fino a 70.000 persone, principalmente musulmane, venute a formulare voti.
• A Djerba, la sinagoga di La Ghriba rimane l'ultimo pellegrinaggio giudeo-musulmano continuo del Nord Africa, nonostante le crisi e gli attentati.
Istanbul (Turchia) – Büyükada (Turchia) – Djerba (Tunisia)
San Antonio di Padova – San Giorgio – La Ghriba
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