Il Mediterraneo brucia, ma si organizza. Sotto la pressione degli incendi aggravati dal cambiamento climatico, i paesi del bacino del Mediterraneo sperimentano, innovano e si adattano. Dalla Slovenia all'Algeria, passando per il Libano, la Turchia e l'Italia, le strategie evolvono: aerei antincendio, riforestazione intelligente, agroecologia, piante resistenti e saperi ancestrali si intrecciano. Una lotta sia locale che sistemica, dove ogni albero piantato, ogni incendio domato, diventa un atto di resistenza.
Questo articolo, sulla lotta contro gli incendi, è un riassunto di 3 articoli pubblicati su 22-med. Sono disponibili nelle 11 lingue utilizzate sul sito :
Dopo gli incendi boschivi, come rendere più resistenti i nuovi alberi? Di Larisa Daugul
Bombardieri per salvare vite e foreste Di Tarik Hafid
Cultivare per proteggere: una strategia verde contro gli incendi Di Edward Sfeir
Nel Mediterraneo, il fuoco non è più un semplice evento naturale: ridisegna i paesaggi, distrugge vite e indebolisce territori già soggetti a una siccità endemica. Nel 2022, oltre 700.000 ettari sono andati in fumo nell'Unione Europea. Ma di fronte a questa nuova realtà climatica, le risposte si moltiplicano. In Slovenia, è il Carso di Gorizia a portare ancora i segni del più grande incendio della storia del paese. Luglio 2022: 3.500 ettari bruciati, di cui 2.700 di foreste. Le fiamme circondano i villaggi, mobilitano 20.000 persone, ma non causano vittime umane. Ciò che resta è un paesaggio annerito, vulnerabile. Qui, il ripristino forestale diventa una priorità. Ma non in qualsiasi modo.
Laboratori forestali e funghi del Carso
L'Istituto forestale sloveno, supportato da partner pubblici e privati, testa una strategia ibrida tra tecnologia e biologia. Da un lato, granuli di idrogel: queste palline assorbono l'acqua, la rilasciano gradualmente alla base delle giovani piante, offrendo loro un prolungamento di vita di fronte alla siccità. Dall'altro, la micorriza: una simbiosi tra funghi e radici che rinforza l'assorbimento dei nutrienti e l'accesso all'acqua. Il tutto testato su 1.600 querce da sughero, suddivise in gruppi: con idrogel, con micorriza, con entrambi o senza nulla. Obiettivo: massimizzare le possibilità di sopravvivenza, limitare l'erosione, accelerare il ritorno della foresta. "Abbiamo bisogno delle foreste, ci proteggono, regolano l'aria, stabilizzano i suoli", sottolinea Boris Rantaša, ricercatore coinvolto nel progetto.
L'Algeria punta sul cielo
A migliaia di chilometri a sud, in Algeria, la lotta si svolge nei cieli. Gli incendi sono ricorrenti, violenti e mortali. Estate 2021: 90 morti, 89.000 ettari devastati. Nel 2022, l'incendio di El Tarf, alimentato dal vento marino, uccide 38 persone in poche ore. Di fronte all'ampiezza di queste tragedie, il paese cambia rotta. I tradizionali camion dei pompieri e gli elicotteri mostrano i loro limiti. È il momento degli aerei antincendio.
L'Algeria si attrezza. La scelta ricade sul Beriev Be-200, un idrovolante russo progettato per attingere acqua di mare, resistente alla corrosione e versatile. Con una capacità di carico raddoppiata rispetto ai Canadair, diventa un asset chiave. Il primo velivolo viene consegnato a maggio 2023, schierato già dalle prime ondate di calore. Risultato: le superfici bruciate scendono da 81.000 ettari nel 2021 a meno di 3.500 nel 2024, secondo la Direzione generale delle foreste. Si aggiungono sei Air Tractor americani, piccoli ma efficaci, capaci di intervenire rapidamente sugli incendi.
Ma la lotta non si ferma ai confini. In tutto il bacino del Mediterraneo, la risposta si organizza a terra, attraverso l'agricoltura e la riforestazione ragionata. Perché oltre all'urgenza, è la struttura stessa dei paesaggi che deve essere ripensata.

Piantare, coltivare, rallentare il fuoco
In Libano, nella valle della Bekaa, il progetto europeo LIVINGAGRO pone l'olivo al centro della resistenza. Coltivato in associazione con cereali e pascoli, questo albero emblematico protegge i suoli, riduce i rischi di incendio, sostenendo al contempo la biodiversità. Lo stesso principio guida BestMedGrape, che valorizza la vite come barriera naturale: fogliame diradato, suoli curati, ruolo di zona tampone.
In Tunisia, nonostante la siccità cronica, l'innovazione persiste. A Bizerte, il progetto Cx6 punta sul carrubo. Poco infiammabile, produttore di una lettiera limitata, questo albero mostra un tasso di sopravvivenza del 90% nelle zone pilota. Accanto a lui, il fico stabilizza i suoli e frena l'erosione.
L'approccio si estende in Marocco, dove il pascolo intelligente si associa alla rigenerazione forestale. Dotate di collari GPS, capre e pecore curano il sottobosco, limitando i combustibili, attorno all'argania, albero simbolo della lotta contro la desertificazione.
In Turchia, il progetto assume una dimensione nazionale. Le foreste coprono un terzo del territorio, ma il 60% rimane altamente infiammabile. Il paese investe massicciamente: diversificazione delle specie, cura del sottobosco, coinvolgimento delle popolazioni. L'obiettivo? Intervenire su ogni inizio di incendio in meno di 15 minuti.
Un Mediterraneo che impara a resistere
Ovunque emergono gli stessi leve: valorizzare le specie resistenti (olivo, carrubo, fico, sughera, cipresso di Provenza), riconnettere le popolazioni rurali alle loro terre, curare, diversificare, prevenire. Una dinamica transnazionale, dove la resilienza passa per la complementarità: dal cielo con gli aerei antincendio, a terra con le coltivazioni e la foresta reinventata.
I progetti locali disegnano così un orizzonte comune: un Mediterraneo dove agricoltura, foresta e tecnologie non si oppongono più, ma si uniscono. Un Mediterraneo che, di fronte alle fiamme, disimpara la fatalità per ricostruire la resilienza.

Foto di copertura: Nel Mediterraneo, il fuoco ridisegna i paesaggi, distrugge vite e indebolisce territori © Receptcelik-Pexels