Italia

La lotta dell’agricoltura pugliese per adattarsi al cambiamento climatico

La scarsità d'acqua è sempre stata un problema in gran parte del sud Italia. Tuttavia, tra siccità e aumento delle temperature, il problema sta peggiorando. Il settore agricolo sta immaginando strategie per adattarsi a questa nuova situazione, dall'aumento della capacità di raccolta dell'acqua piovana alla cura del suolo con sostanze organiche derivate dai sottoprodotti della produzione dall'olio, per esempio. Alcune soluzioni si stanno già sperimentando.

Se molti inglesi sanno dove si trova Tiggiano, un piccolo paese di meno di 3.000 abitanti nel sud Italia, è grazie a Helen Mirren, attrice premiata con l'Oscar per The Queen, che vi trascorre molti mesi all'anno. Ma la Puglia non è solo una meta turistica: è una regione agricola molto importante e la sua economia è la più dinamica del sud Italia.

Una piccola potenza agroalimentare

La Puglia è infatti il primo produttore italiano d'olio d'oliva, e una parte importante del grano duro e dei pomodori utilizzati per la pasta e la salsa degli italiani proviene da lì, in particolare dalla provincia di Foggia. La regione è anche conosciuta per la produzione di frutta, la qualità delle sue verdure e quella dei suoi prodotti lattiero-caseari.

Tuttavia, l'agricoltura, ovunque, ha bisogno d'acqua, e questa risorsa sta diventando sempre più rara. Qualche giorno fa Coldiretti, la principale organizzazione di agricoltori in Italia, ha lanciato l'allarme: la Puglia è « assetata con i campi a secco per la stagione irrigua che non parte a causa di dighe vuote » e « di impianti fatiscenti e fermi ». La scarsità d'acqua in questa regione del sud Italia non è una novità: la Puglia non è mai stata una regione piovosa. Le precipitazioni si attestano tra i 700 e i 500 millimetri all'anno, se non meno. Pasquale De Vita, responsabile della sede di Foggia del CREA (Centro di Ricerca in Cerealicoltura e Colture Industriali), spiega che « la siccità è un elemento strutturale del clima della Puglia sin dall'antichità ». Tuttavia, la scomparsa della pastorizia dall'inizio del XIX secolo, l'abbandono delle pratiche agro-silvo-pastorali e un disboscamento massiccio « hanno profondamente alterato l'equilibrio idrogeologico del territorio, causando fenomeni di erosione, desertificazione e riduzione della materia organica nei suoli », continua. In effetti, il 57% della superficie agricola utilizzabile in Puglia oggi è a rischio desertificazione.

Gli effetti della siccità

Quando l'agricoltura ha cominciato a prevalere sull'allevamento, il grano duro è diventato una delle principali colture grazie alla sua capacità di svilupparsi « sfruttando le piogge invernali e completando il ciclo prima dell'arrivo del caldo estivo », sottolinea De Vita. « Tuttavia, oggi, il fenomeno della siccità si presenta con una frequenza e un'intensità crescenti, amplificato dai cambiamenti climatici in atto. Questo pone nuove sfide alla resilienza dell'agricoltura locale ».

Gli agricoltori lo sanno molto bene. Alfonso Cavallo, presidente della sezione regionale di Coldiretti, traccia un bilancio: « a causa della grave siccità dell'anno scorso gli apicoltori hanno avuto la produzione di miele dimezzata e la campagna di raccolta delle olive ha avuto un crollo di oltre il 40% rispetto all'anno precedente. Anche altre colture, ad esempio le ciliegie e il grano, hanno sofferto perdite simili ». Quest'anno, la situazione è addirittura peggiorata: « Il 2024 è stato l'anno peggiore dal punto di vista della disponibilità d'acqua in Puglia. Ora, i volumi idrici trattenuti dalle dighe sono quasi la metà rispetto all'anno scorso », osserva Cavallo.

Raccogliere l'acqua piovana e ripristinare le zone umide

Sia chiaro, non è che in Puglia non piova mai. Le precipitazioni stanno cambiando a causa della tropicalizzazione del clima mediterraneo: diventano più brevi, ma molto più intense. Il problema è che l'89% della preziosa acqua piovana che arriva va persa a causa di infrastrutture insufficienti, o troppo vecchie e quindi bisognose di manutenzione. E secondo Paolo Tarolli, professore ordinario di idraulica agraria all'Università di Padova, « è fondamentale raccogliere l'acqua piovana ed evitare, al contrario, di fare altri pozzi. Se si attinge troppa acqua dalle zone di falda, specialmente nelle aree costiere, si rischia di causare danni ecologici senza precedenti perché, così facendo, si richiama l'acqua dal mare: l'acqua salata entra in falda, la inquina, e rende quell'acqua di falda inutilizzabile per decenni ».

Esperto di livello internazionale, Tarolli fa il punto su varie possibili soluzioni al problema. « La soluzione più sostenibile e rispettosa della natura consiste nel ripristinare o mantenere le zone umide ». Ce ne sono diversi esempi in Puglia. Oltre a essere un rifugio per molte specie di flora e fauna, queste sono ivasi naturali di acqua dolce a cui è possibile attingere nei periodi di siccità. « Un'altra strategia possibile consiste nel progettare micro-ivasi a scala aziendale, che in primavera permettano di raccogliere l'acqua piovana da poter usare in estate per l'irrigazione di emergenza », spiega.

Agricoltura rigenerativa e acque di vegetazione

Un'altra soluzione, su cui esiste un ampio consenso a livello internazionale, segnala Tarolli, « consiste nell'arricchire il suolo di sostanza organica, ad esempio attraverso pratiche di agricoltura rigenerativa. Questo perché un suolo ricco di sostanza organica trattiene più acqua, quindi richiede meno irrigazione durante i periodi di siccità. A quel punto, se un'azienda agricola si è anche dotata di un micro-invaso, dispone comunque di una riserva d'acqua in caso di bisogno ».

Qualcosa è già in marcia. Da un lato, spiega il presidente di Coldiretti Puglia, Alfonso Cavallo, la sua organizzazione e l'Associazione nazionale delle bonifiche hanno elaborato un progetto per realizzare « un sistema di bacini di accumulo con un sistema di pompaggio che permetterebbe di garantire riserve d'acqua nei periodi di siccità, ma anche di limitare l'impatto sul terreno di piogge e acquazzoni sempre più violenti ». D'altro canto, Cavallo sottolinea con soddisfazione che, grazie a una recente modifica della norma, è ora possibile utilizzare le acque di vegetazione (composte dall'acqua naturalmente contenuta nelle olive, dall'acqua aggiunta durante il processo e da composti organici) dei frantoi oleari per tutto l'anno di produzione anziché solo per alcuni mesi. In un'ottica di economia circolare, queste acque di vegetazione sono il risultato del processo di produzione degli oli vergini e si stima che rappresentino tra 85 e 135 litri per 100 chili di olive lavorate: volumi importanti d'acqua ricca di fosforo e potassio, sostanze estremamente nutrienti per il suolo.

Manutenere le strutture esistenti

Nonostante questi piccoli passi in avanti, però, resta fondamentale che gli invasi costruiti in passato ricevano la manutenzione necessaria a essere realmente operativi.

Non si può restare con le mani in mano. Se gli italiani, e i turisti di tutto il mondo, non vogliono vedere la Puglia trasformarsi poco a poco in un deserto, è urgente mettere in atto piani d'azione per salvare la sua agricoltura. Tanto più che quest'ultima è stata uno dei motori della (moderata) prosperità conosciuta dalla regione negli ultimi decenni.

Un trullo, costruzione tradizionale in pietra secca, tipica della regione delle Puglie ©Vito Giaccari - Pexels

Foto di copertina: Un campo di grano duro dopo la raccolta a Polignano a Mare © Francesca-Milano-Pexels